Proyecto EntreVistArtista (EVA) © 2009 – 2013 – vedi articolo originale
“Entre Tú y Yo”: Maria Felix Korporal (Holanda)
Entrevista por Rosa Matilde Jiménez Cortés
Traducción: Maria Felix Korporal
EntreVistArtista: Ciao Maria, È riconosciuta in te una donna forte, che sa quello che vuole e il cammino da scegliere. Qual è il rapporto nella tua vita tra arte, natura e disciplina?
Maria Felix Korporal: Sì, le altre persone spesso mi vedono come una donna forte e apparentemente molto sicura di sé. Ma non è così, io sono debole e insicura. È forte la NATURA: quella grande forza che respira e da cui la vita nasce e ri-nasce. Ammettendo (e ripetendo sempre) che sono un essere piccolo e debole, riesco a sentire la forza della natura immensa di cui io sono solo una briciola minuscola – e con la stessa forza posso camminare la vita. La vita mi insegna quale strada scegliere.
“Caminantes, no hay caminos. Hay que caminar” (Viandante non esiste il cammino. Lo si fa camminando) – i versi di Antonio Machado (che hanno ispirato Luigi Nono a comporre due splendidi pezzi musicali) mi vengono spesso in mente. Camminando scopriamo quale cammino scegliere.
La discipline è essenziale nella mia vita. Mi piacerebbe tanto lavorare a tempo pieno alla mia arte, ai miei video, ma devo fare molte altre cose per guadagnare i soldi necessari per sopravvivere: come Korporal Webdesign faccio la progettazione di siti web e la programmazione informatica; inoltre sono co-proprietaria di una piccola casa editrice, Apeiron Editori, per la quale mi occupo dei progetti grafici. Si tratta comunque sempre di lavoro autonomo, che mi consente di organizzarmi bene coi tempi, e di liberare poi lo spazio sufficiente per creare i miei video. “Rubare momenti” dico sempre dentro di me – rubo momenti alla realtà quotidiana, momenti che possono durare una mezz’ora, ma anche una settimana intera, in cui mi dedico alla mia arte e a nient’altro.
Per vivere una vita così ci vuole la forza e l’energia, certo, ma più importante è il desiderio. Il desiderio è il motore fondamentale del mio agire.
A proposito vorrei citare David Lynch, un artista che ammiro molto: “Per le idee il desiderio è come un’esca. Quando peschi devi armarti di pazienza. Metti l’esca sull’amo e poi aspetti. Il desiderio è l’esca che attira i pesci all’amo, ossia le idee. Il bello è quando catturi un pesce che ami, anche se è un pesciolino (un frammento di idea), questo ne attirerà altri che, a loro volta, abboccheranno. Allora sarai sulla strada giusta. Ben presto arriveranno tanti, tantissimi altri frammenti e l’idea intera verrà a galla. Tutto nasce dal desiderio, però.” (David Lynch, “In acque profonde. Meditazione e creatività”)
EVA: La tua passione per lo sport e la natura, sono strade che invariabilmente ti portano all’arte?
MFK: Sì, lo sport, o meglio il movimento fisico è essenziale nella mia vita. Sono amante della mountainbike, ma la mia vera passione è la corsa a piedi (che pratico ogni giorno), e anche le camminate lunghe (quando ho più tempo). Sempre all’aperto, sui bellissimi sentieri nella zona dove abito. Ho la fortuna di vivere in un posto splendido: ai piedi del Monte Soratte, a nord di Roma, in un clima generalmente gradevole. Quando corro o cammino raggiungo la massima sensazione di libertà: mi sento liberata dal peso della materia e del proprio io. In quei momenti nascono le idee, e l’entusiasmo e la felicità per queste idee fanno aumentare ancora la mia energia – insomma, lo sport praticato nella natura è determinante per il mio processo creativo.
EVA: Tutta la tua opera e un viaggio costante, tra rinascita e morte… Adoperi una precisa dottrina filosofica?
MFK: No! Non amo le dottrine, proprio non fanno per me. Anche se leggo spesso testi filosofici e poesie appartenenti a certe filosofie e dottrine, e molte idee, visioni e riflessioni naturalmente mi attraggono e mi entusiasmano, non me la sono mai sentita a praticare una dottrina. Preferisco seguire quello che mi insegna la vita. Poi è anche molto importante per me di poter cambiare idea e/o convinzione, non amo le definizioni e le “verità assolute”. La vita stessa, la natura (a cui apparteniamo) è un continuo cambiamento, una trasformazione infinita.
L’idea del viaggio costante, un ri-nascere e morire, è cresciuta lentamente dentro di me, vivendo la vita e creando l’arte. Di fondamentale importanza in questo processo è stato il video “Un gatto ha sette vite”: https://vimeo.com/9939061
Questo video ho creato nel 2008, è uno dei miei lavori più importanti e forse il video più autobiografico di tutti. Il gatto ha sette vite, quindi muore e ri-nasce. La settima vita però non ha fine, rimane in sospeso. È la parte più lunga del film e ne rappresenta il clou: la ricerca dell’eremita attraverso il cammino spirituale. L’eremita tuttavia non viene trovato e il sublime rimane dunque irraggiungibile. Il video si conclude coi famosi versi del poeta taoista Chia Tao (779-843): Sotto l’abete interrogo il discepolo: “Il maestro è partito in cerca di semplici, Per di là, in fondo alla montagna. Nuvole folte: non si sa più dove…”
L’informazione data dal discepolo diventa sempre più vaga: dall’indicazione del sentiero, mediante la profonda comunione con la natura, si tende al completo distacco dello spirito. Qui ho citato una poesia dalla filosofia taoista, ma è un’illustrazione, non è una convinzione. Infatti la fine del video è lasciata aperta per tutte le interpretazioni. Non c’è una verità assoluta. Credo che la libertà di pensare sia un diritto fondamentale dell’essere umano.
EVA: “L’arte é la mia vita, é un viaggio senza fine dalla nascita alla morte”. A che punto della strada (di quel viaggio) sei in questo momento?
MFK: Il cammino della vita è composto da sentieri multipli che si biforcano in varie direzioni, e che spesso tornano anche indietro – è difficile parlare di “un punto”, visto che il viaggio non è lineare. Mi trovo piuttosto in una zona, ed è una zona piacevole. Ho appena terminato tre opere importanti, di cui sono soddisfatta: “Nevermore”, “The god is dead, long live…” e “Specchiatura”.
Dopo tre viaggi compiuti, ora sono in fase di ri-nascita e sto preparando la nuova partenza. È la mia intenzione di fare un nuovo episodio nel ciclo Korporal Zoo, una serie di video che trattano il rapporto tra animali e esseri umani da diversi punti di vista – culturale, sociale, ambientale. Finora sono usciti 6 video in Korporal Zoo, più il preludio “Passing By” e l’intermezzo “. non ha fine .”. Su Vimeo c’è un canale dedicato alla serie, dove si possono vedere le versioni on-line di tutti i video.
L’idea per Korporal Zoo è nata nel 2009. Non è un progetto in cui faccio i video uno dopo l’altro; in realtà ci sono tanti spunti già pronti e spesso anche elaborati fino a un certo punto. Quando voglio riprendere il filo di un lavoro in progresso, i miei quaderni sono sempre molto utili.
Da moltissimi anni tengo un quaderno in cui scrivo appunti e schizzi. Intanto ho una grandissima collezione e ci sono dei periodi come adesso, in cui vago nei quaderni passati. È sempre interessantissimo e mi porta a nuove visioni; comprendo meglio perché certi lavori sono stati creati in determinati momenti della mia vita e ri-scopro vari spunti dimenticati e mai elaborati. Attualmente mi trovo in un periodo così – perciò sono anche felice con quest’intervista, che mi invita ancora di più a riflettere e ri-vivere i sentieri già camminati. È un viaggio nel tempo non-lineare.
Allo stesso tempo accolgo anche ciò che trovo sulla mia strada – in questo periodo sono molto affascinata dalla cultura Inuit e sto ri-leggendo Marguerite Yourcenar, soprattutto quello che ha scritto sulla natura, sono molto presa dalla musica di Luigi Nono e Horatiu Radulescu, poi ci sono le ispirazioni nate da incontri e dalle cose che osservo intorno a me, e mille ricordi, sogni e pensieri che vanno e vengono…
EVA: Quale é la strada più lunga che hai intrapreso e che ti abbia dato una lezione di vita, anche dolorosa?
MFK: Il cammino più lungo che ho intrapreso finora è il mio nuovo video “Nevermore”, che ho compiuto il 1° dicembre 2012. È un episodio nel ciclo Korporal Zoo.
La prima idea per il video mi è venuta nel gennaio del 2003, quindi mi ci sono voluti quasi dieci anni per completarlo – ma non è stato un viaggio lineare su un unico sentiero, invece ho camminato su numerosi sentieri, interrotti spesso; diverse volte mi sono fatta distrarre e ho imboccato strade che mi hanno portato ad altri luoghi. Per dirlo in termini più concrete: durante questi dieci anni ho ripetutamente cercato di andare avanti con il progetto “Nevermore”, ma nel processo di lavoro si è sempre sviluppato in modo diverso ed è diventato un’altra opera.
Vorrei menzionare due di questi lavori in particolare: “Made on Earth” e “Timelines”. Praticamente trattano la stessa tematica di “Nevermore”: la violenza umana, ma nei tre lavori i punti di vista sono diversi.
Nel video “Made on Earth” l’artista è quella che cammina e osserva, ma rimane invisibile, non è integrata nella storia. Nell’installazione fotografica “Timelines” invece ci sono gli autoritratti dell’artista affiancati a immagini di pubblico dominio raffiguranti persone che soffrono a causa di violenze. Qui è introdotta l’empatia, ma nell’opera c’è sempre la divisione tra l’artista e il resto del mondo. Nel video “Nevermore” infine l’artista è integrata nella storia; è vittima e colpevole allo stesso tempo, si assume la responsabilità dell’umanità per la violenza e pronuncia la promessa “nevermore”, “mai più”, mentre è sempre consapevole della debolezza umana.
Uso volutamente la parola “artista” e non “io”. Quello che ho detto in risposta alla prima domanda, vale anche per l’arte: non sono che un granello della natura … nella creazione d’arte, l’artista si distacca dall’io.
L’evoluzione dei vari approcci nei lavori menzionati si può interpretare come “lezione di vita”. Ho imparato moltissimo in questi dieci anni e con “Nevermore” mi sento in armonia; ma aggiungo che non è una conclusione, c’è sempre da imparare, ci sono tante cose da scoprire che possono cambiare il punto di vista.
EVA: Quale é la sfida più grande che hai affrontato e quale azione non rifaresti?
MFK: La sfida più grande è stata quando ho iniziato a collaborare con altre persone – e ogni nuova collaborazione è sempre una sfida grande. Sono molto individualista e tendo a fare tutto da sola. Però nel corso degli anni sono anche stata attratta dall’idea di lavorare insieme, e nel 2006 ho intrapreso la mia prima collaborazione artistica con una mia amica, la scultrice Marina Buening, sotto il nome di Zweiart. Le nostre opere sono visibili sul sito Zweiart
Dopodiché sono seguite diverse altre opere realizzate in collaborazione, soprattutto con poeti e musicisti, come si può vedere sfogliando i video sul mio sito.
Sono una lupa solitaria e ogni volta quando inizio un viaggio in compagnia sono presa da insicurezza … ma dura poco, presto le paure e i dubbi fanno posto per l’entusiasmo, è davvero una cosa meravigliosa di creare e sviluppare un progetto insieme ad altre persone.
Quale azione non ripetere? Secondo me, un errore frequente nelle collaborazioni artistiche è di fare un lavoro di cui non si è convinti. Certo, si può creare una cosa per amicizia e per la gioia di stare insieme, in tal caso la collaborazione è più importante della qualità artistica dell’opera e bisogna esserne consapevole. Diventa un gioco che può risultare in un’opera splendida, oppure in un prodotto mediocre. Ma quando lo scopo principale della collaborazione è la creazione dell’opera d’arte, sono autocritica nello stesso modo in cui faccio i miei progetti individuali. Bisogna essere sinceri e trasparenti, ed esprimere i propri dubbi e insicurezze. Ho imparato bene a comunicare, ma questo non vuol dire che l’errore non si ripeta – ogni situazione è diversa, e un mio motto è “imparo sempre, e non imparo mai”.
Ho collaborato più spesso con donne che con uomini. L’idea della innata rivalità e invidia tra le donne è un luogo comune purtroppo accettato da molti uomini e donne. Naturalmente l’invidia e la rivalità esistono, ma la mia esperienza personale è diversa; finora ho lavorato sempre in modo splendido e armonioso con altre donne, c’è molta solidarietà e comprensione. Le donne sono eccellenti compagne di viaggio.
Non amo assolutamente suddividere l’umanità in una parte maschile e una femminile – io stessa mi sento androgina fino all’osso. Però la società ci impone questa differenza, ed essere nata femmina vuol dire lottare per tutta la vita. Credo fortemente nella solidarietà tra le donne, e il mio video “The Waltz” ne è una manifestazione eloquente.
EVA: Hai studiato progettazione grafica e pittura. Attualmente porti avanti un notevole lavoro nella video arte. Com’è stato il processo evolutivo per integrare diverse discipline?
MFK: Il processo evolutivo era già iniziato durante i 5 anni di studi all’accademia, che è stato un periodo importantissimo nella mia vita. Non provengo da un ambiente artistico. Sono nata e cresciuta in Olanda, in una famiglia proletaria dove non mancavano i problemi. Ma lo dico con tanto rispetto e amore per i miei genitori.
Mio padre mi ha insegnato a camminare: il viaggio dei passi. Mi ha insegnato a vedere i miracoli, piccoli e grandi, che incontriamo sulla nostra strada. Mia madre mi ha insegnato a leggere: il viaggio attraverso le parole. Le parole che ci portano a mondi pieni di sorprese e meraviglie, nello spazio infinito dentro di noi. Inoltre era il contrario di una classica casalinga; da bambina potevo giocare quanto e come volevo, senza badare di ordine e pulizia. Già da piccola mi piaceva sperimentare con le cose insolite, e sognavo di fare l’inventore “da grande”.
Così, anche senza sapere niente di arte, i miei genitori hanno contributo in modo inestimabile allo sviluppo della mia creatività. Quando ho scelto di andare a studiare all’accademia delle belle arti, il motivo principale era il mio “saper disegnare bene” – era una scelta ingenua e intuitiva, non sapevo praticamente nulla delle arti visive e non avevo la più pallida idea cosa mi aspettava. Il corso di grafica e pittura, a cui mi ero iscritta, era molto ampio e lasciava la libertà agli studenti di conoscere le altre discipline. Così, dopo un primo periodo in cui mi sono abilitata soprattutto nella tecnica dell’incisione, ho cominciato a sperimentare con il materiale base dell’acquaforte: lasciavo lo zinco e il rame per ore nell’acido, ottenendo così delle forme che mi ispiravano ad andare oltre la stampa su carta. Contemporaneamente iniziavo a lavorare con la fotografia, e mi affascinavano in particolare i soggetti in movimento e la creazione di sequenze.
Da quelle sperimentazioni sono usciti fuori i due progetti con cui mi sono diplomata: una scultura in acciaio, e un film d’animazione collocato in un’installazione video. Questo film era intitolato “Joy to the World” ed era di forte contenuto anti-guerra – un commento ironico sul sistema militarista. Era un lavoro realizzato quasi interamente con animazione stop-motion, registrato su pellicola 16 mm, montato a mano, e successivamente riversato su nastro video.
Subito dopo gli studi, nel 1986, mi sono trasferita in Italia. Avrei voluto continuare con film e video, ma mi mancava ogni mezzo materiale. Allora ho ripreso a lavorare con l’incisione e la pittura, ed è stato comunque un periodo molto utile per il mio sviluppo artistico. Avevo anche a disposizione un piccolissimo laboratorio fotografico e ho sperimentato tantissimo con le varie discipline. Nel 1990 ho fondato, insieme al mio compagno, la casa editrice Apeiron Editori, e in quest’ambito ho iniziato a lavorare con i computer. Negli anni successivi piano piano il mio lavoro artistico si è digitalizzato, ed è durato fino al 2003 finché avevo l’apparecchiatura necessaria per riprendere il filo della videoarte – ma una volta ricominciato, non potevo più smettere e ho fatto un video dopo l’altro fino al giorno d’oggi. Non ho più la minima voglia di occuparmi di altre discipline come la pittura o la grafica.
Del mio video primigenio “Joy to the World” possiedo ancora una copia su nastro U-matic, e recentemente mi sto impegnando a farlo riversare in un file digitale. Finora non ho trovato un laboratorio in grado di farlo, ma non ho ancora perso la speranza. Se dovessi riuscire, metterò il video in rete – e avrà un posto d’onore sul mio sito!
EVA: Sei senza dubbio una artista irrequieta, attiva, con delle proposte diverse ogni giorno. Parlami dei tuoi progetti, performance, mostre, video istallazioni; dimmi com’è la tua vita sotto questo punto di vista.
MFK: È il desiderio, è l’entusiasmo che fa da filo conduttore al mio agire – vedi anche le mie risposte alle prime domande. Non sto mai ferma, mi sento sempre spinta a creare, a sviluppare idee, è la cosa più bella che esiste nel mondo! E vorrei realizzare molto di più -ma, come ho già detto, gran parte del mio tempo devo impiegare per guadagnarmi il pane. Trovare l’equilibrio giusto e la disciplina necessaria per fare il più possibile di quello che voglio… così è la mia vita. Ma sempre con gioia! Ho bisogno di amare tutto quello che faccio, altrimenti non resisto.
EVA: Un aspetto che richiama la mia attenzione, è di vedere Maria che salta in un prato di papaveri o in una galleria ferroviaria… Che significato hanno per te la vita e la morte?
MFK: Non temo la morte, e amo la vita. Non credo in un aldilà; la vita eterna è qui e ora, non altrove. Quando spirerò il mio ultimo soffio, del mio corpo non resterà nulla se non un pugno di minerali che si riunirà alla terra – e l’“io”, quell’individuo limitato, smetterà di esistere. Ma la vita andrà avanti, bella com’è. Perciò non mi preoccupo, sono serena.
Con questa consapevolezza posso godermi fino in fondo gli attimi, i qui e ora… quando faccio i miei salti, entro in uno stato di massima libertà. Non sono più “io”, mi sento solo VITA. Si potrebbe dire che l’ego è morto in questi momenti: “la piccola morte” – come viene definito anche l’orgasmo, altro stato di grazia totale.
EVA: Vedendoti seduta sulla cima della montagna, mi fa chiedere: in quei momenti, a cosa pensi, cosa senti e che vorresti essere (e fare) per te e forse per… l’umanità?
MFK: Non so… sinceramente essere PER o fare PER non mi viene quasi mai in mente, penso piuttosto a essere e fare senza scopo esterno, appunto l’ESSERE e il FARE. Insomma, vivere la vita fino in fondo. Essendo umana, mi sento tutt’una con l’umanità, essendo viva, mi sento tutt’una con la natura. Sì, credo che sia questo che sento quando sono seduta lì. E poi c’è il mio profondo legame con la montagna, ne parlerò in risposta alla prossima domanda…
EVA: Nel ambito della famiglia. Quale posto occupano nella tua vita quegli affetti? Che ricordi hai della tua infanzia? Com’è stato il tuo ambiente famigliare?
MFK: Nella mia vita c’è una profonda divisione tra il paese dove sono nata, cioè l’Olanda, e il paese dove ho scelto di andare a vivere, cioè l’Italia. Quando mi sono trasferita in Italia, nel 1986, per tantissimi anni non ho avuto contatto con le persone che avevo lasciato in Olanda –amici, famiglia. È soltanto da 10 anni circa che, piano piano, sto ritrovando le persone amate nel passato e sto ri-intensificando i rapporti con i miei parenti più stretti. In alcuni casi l’affetto di allora è rimasto com’era, sembra che non ci sia stato l’abisso di tanti anni; in molti altri casi invece il rapporto si basa solo sul legame con il passato. Comunque in tutti i casi è un’esperienza particolare e intensa.
Resta però il fatto che non mi sento a mio agio quando sono in Olanda. Spesso sto male quando sono là, mi sento estraniata fino in fondo, e non vedo l’ora di tornare in Italia. Non è solo per le persone che amo qui – è anche un profondo amore per la terra dove ho scelto di vivere. Amo il Soratte, la mia montagna, con le sue pietre, i suoi sentieri e i suoi boschetti… il Soratte è un essere vivente per me, con cui dialogo, che mi fa respirare. È un luogo in cui non sento i limiti – le mie corse, le mie camminate al Soratte e dintorni sono viaggi sempre nuovi, alla scoperta di spazi infiniti e tempi indeterminati.
EVA: Le tecniche e i formati con cui lavori nel video, richiedono una certa padronanza e presuppongono un certo livello di complessità e la conoscenza di diverse discipline. Quanto serve conoscere questi aspetti per sviluppare un’idea?
MFK: Serve tantissimo, anzi è fondamentale. Soprattutto per creare un video bisogna sapere come funzionano i meccanismi e le tecniche. Grazie al fatto che, con gli anni, ho imparato moltissimo e conosco le mie possibilità e i miei limiti, mi sento libera di sviluppare le mie idee in qualunque posto, anche quando non sto al computer –per esempio quando sono fuori a camminare o correre, o quando sono sdraiata per terra. Nel pensiero posso anticipare tutte le fasi di lavoro, e quando mi metto al computer so dove cominciare e come andare avanti. Però questo non vuol dire che non c’è più niente da imparare, anzi, per ogni nuovo video devo anche applicare tecniche mai usate e scopro sempre delle cose nuove. Ma le sperimentazioni sono piacevoli, mi sento libera e molto sicura di me. Alcuni anni fa, quando avevo meno esperienza, il processo di lavoro poteva anche essere pesante –a volte non riuscivo a risolvere le cose nel modo che volevo o ci mettevo troppo tempo.
EVA: Nelle tue animazioni, il fattore tempo è una costante, a parte un fatto in particolare: Maria Felix. Sei la protagonista delle tue proposte portandole ad un pozzo, ad un mulinello di emozioni… Quali sono i tuoi limiti? Perché prendi te stessa come elemento dell’azione? Dove vuoi arrivare e cosa vuoi esprimere?
MFK: L’apparenza della mia persona nei miei video è una cosa degli ultimi anni, anche grazie al fatto che ho acquisito più padronanza delle tecniche di ripresa. Non è nata intenzionalmente, è piuttosto una serie di circostanze che mi hanno spinto a prendere me stessa come elemento integrato nei video – anche giochi e sperimentazioni, qualche volta in collaborazione con amici (vedi per esempio The Teletalpies https://vimeo.com/24003873). Però sta diventando sempre più importante e significativo per me. Entrando nelle mie opere, mi distacco dall’io. L’ho sentito in modo particolare nel mio video recentissimo Nevermore, come ho già detto nella mia risposta alla domanda 5: non sono “io” nel filmato, ma sono un elemento integrato nella storia.
EVA: Vedendo il video “La circolarità della creazione”, il testo di Viviana Scarinci sembra essere stato scritto per te. La performance parla di Maria, della sua essenza, la sua natura… il tempo e lo spazio che occupano il qui e ora. Un elemento centrale nella tua proposta estetica, è la pietra. La pietra come azione e rappresentazione del tempo a parlare con te, i cicli della vita, del pensiero, la pietra è il tuo elemento. Da dove viene l’idea di utilizzare una risorsa apparentemente normale, per rendere le vostre azioni, qualcosa fuori dal comune? Se le pietre parlassero, cosa pensi che direbbero all’umanità?
MFK: L’idea viene dal fascino che subisco dalle pietre. Per me la pietra non è una risorsa normale, è una fonte di meraviglia. Sono nata e cresciuta nell’argilla olandese, in una zona sotto il livello del mare. Terra giovane, senza passato, caratterizzata dall’assenza totale di montagne e di pietre. Quando mi sono trasferita in Italia e sono venuta ad abitare qui, ai piedi del Monte Soratte, mi si è aperto un mondo incredibile. Tutto l’ambiente qui è bellissimo, ma amo di più le pietre. È stato un amore a prima vista. Cosa simboleggia la pietra nel tuo processo creativo? Non simboleggia niente. La pietra è un essere in sé, con una storia troppo grande per essere afferrata da noi esseri umani. La pietra è piena di vita; è un essere vivente, con cui parlo, che sento respirare. Il video più bello che io abbia mai fatto con una pietra è { nuda }, con una poesia di Daìta Martinez, scritta apposta per il video. Daìta l’ha intitolato { nuda }, perché, come dice: “La pietra è nuda. Bisogna solo aprirla per farla uscire viva.”
Il link al video: https://vimeo.com/26395586
Se le pietre potessero parlare, che cosa pensi che direbbe al genere umano? Le pietre appartengono alla natura, alla vita, come noi esseri umani, e quindi parlano. Non è facile ascoltarle – ma si riesce, quando si è con loro e ci si dedica tutta l’attenzione. Durante la loro lunga esistenza, le pietre hanno visto nascere l’umanità e hanno seguito la nostra evoluzione fino al giorno d’oggi. Ascoltare la pietra vuol dire diventare consapevole del grande errore di mettere l’essere umano al centro del mondo.
EVA: Con una proposta e concetto diversi, a EntreVistArtista, “EVA” ha una storia ed origine al singolare. Quale é l’origine della tua Eva? E’ una storia al plurale?
MFK: È stata tutta una serie di circostanze e coincidenze…. All’inizio del 2012 fui invitata a partecipare a una mostra di arte erotica. In quei tempi stavo collaborando intensamente con Daìta – avevamo già fatto due video insieme, (amarezza) e { nuda } e un terzo era in preparazione: . non ha fine . Avevo approfondita molto i suoi scritti, e quando fu invitata a quella mostra mi venne subito in mente la sua (eva) – una poesia sublime che per me rappresenta in fondo l’erotismo femminile. Decisi di fare un video su (eva), con il testo incluso. Però durante il processo di lavoro qualcosa cambiò, non mi limitò alla sola poesia di (eva), ma introdussi diversi altri elementi, come per esempio l’arancia che viene sbucciata e mangiata – ispirata da un’altra poesia di Daìta, (zucchero filato). Allora conclusi che dovevo fare il video senza riferimento a un testo specifico, ma dedicato alla poesia (in generale) della mia amica. Il titolo però dovette restare EVA, ma scritto in maiuscolo, come icona dell’universo erotico femminile. Che la curatrice della mostra, Eva Czerkl, porta lo stesso nome, era una coincidenza divertente che a lei è piaciuta molto.
La musica/sound design fu creato apposta da Sofia Koubli, che ammiro molto – il suo linguaggio sonoro, un po’ mistico, mi sembrava il più adatto per l’opera.
Il video è stato accolto bene e durante la mostra è stato pubblicato un servizio dall’ANSA con molta attenzione per la mia opera – ne fui onorata, ma anche un po’ delusa, perché nella trasmissione le mani che sbucciano l’arancia vennero definite maschili. Invece sono le mie mani; mani che lavorano e che sono sempre attivi, certamente robuste, ma comunque femminili. Era la mia intenzione di esprimere un’esperienza erotica tutto femminile; ma chiaramente il luogo comune vuole che sia il maschio a sbucciare, ad assaggiare, a rivelare la passione delle donne. Per fortuna ci sono anche altre persone che hanno capito.
EntreVistArtista: Per finire, cosa è stato per te collaborare in questo progetto in cui EVA (La Parola), ci ha uniti anche se un oceano di distanza ci separa?
Maria Felix Korporal: È stato molto intenso per me di fare quest’intervista. Hai analizzato bene il mio lavoro, le tue domande erano interessanti ed è stato un piacere per me di risponderle. Grazie Rosa – La Parola annulla ogni distanza.
Rosa Matilde Jiménez Cortés: EVA (La Parola) annula ogni distanza quando “Tra Te e Me” ci apriamo alla communicazione. Non é sempre possibile generare un incontro attraverso EntreVisArtista, nel tuo caso, é stata un esperienza sostanziale e perenne. Grazie, Maria.
[Entrevista efectuada del 30 de enero al 7 de marzo de 2013 (vía Internet) / Colaboró para EntreVistArtista (EVA) Maria Felix Korporal / Imágenes proporcionadas por Felix Korporal / EntreVistArtista (EVA) es un proyecto independiente de Rosa Matilde Jiménez Cortés. H. Córdoba, Veracruz; México].
Maria Felix Korporal
Biografía: http://amor77roma.blogspot.mx/2012/04/para-entrevistartista-maria-korporal_04.html
http://amor77roma.blogspot.mx/2012/04/maria-korporal-continuacion.html
Cuestionario:
Entrevistadora: Rosa Matilde Jiménez Cortés
Lugar de publicación: http://amor77roma.blogspot.mx/
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